Si faranno gli anni
sfioriranno posandosi lontano
con la fierezza degli uccelli che migrano
e non avranno niente da dire né da fare
sospesi dalla luce
zittita fra le ossa
Il tempo della meta non rovescerà alcun suono
quando solleverà dei frutti la secchezza
brindando alla pietà
Saranno inermi le braccia in dedizione
il corpo inanimato
e il cuore dinanzi all’orizzonte
Si nasce anche così
strappando il carnevale alle sue carni
indocili menzogne
e gli occhi adesso
attendono dell’ombra la movenza
Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió dos luceros, que cuando los abro
Perfecto distingo, lo negro del blanco
Y en el alto cielo, su fondo estrellado
Y en las multitudes, el hombre que yo amo
Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado el oído, que en todo su ancho
Graba noche y día, grillos y canarios
Martillos, turbinas, ladridos, chubascos
Y la voz tan tierna, de mi bien amado
Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado el sonido, y el abecedario
Con el las palabras, que pienso y declaro
Madre, amigo, hermano y luz alumbrando
La ruta del alma del que estoy amando
Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado la marcha, de mis pies cansados
Con ellos anduve, ciudades y charcos
Playas y desiertos, montañas y llanos
Y la casa tuya, tu calle y tu patio
Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió el corazón, que agita su marco
Cuando miro el fruto del cerebro humano
Cuando miro el bueno tan lejos del malo
Cuando miro el fondo de tus ojos claros
Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado la risa y me ha dado el llanto
Así yo distingo dicha de quebranto
Los dos materiales que forman mi canto
Y el canto de ustedes, que es el mismo canto
Y el canto de todos, que es mi propio canto
Y el canto de ustedes, que es mi propio canto.
Frondi tenere e belle
del mio platano amato,
per voi risplenda il fato.
Tuoni, lampi, e procelle
non v’oltraggino mai la cara pace,
né giunga a profanarvi
austro rapace. Continua a leggere →
Ciò che non dimentico – Poesia di Marina Minet
Interpretazione di Angela Cardanobile
Riprese di Maria Pina Ciancio
Altamura, Teatro Mercadante 1 dicembre 2014
Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
Succhiante minerali e amore materno
Così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un’aiuola
ultradipinta che susciti gridi di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
E la cima d’un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell’uno la lunga vita, dell’altra mi manca l’audacia. Continua a leggere →
Del tempo s’apprende l’eco.
L’indulto della notte flessa al seno
bandita a illividire.
L’olfatto delle sviste regolate in fila
ricevuto ai rimedi concimanti
avvento da trionfare.
S’apprende l’ingorgo dei reati da affinare
con guanti senza dita né tepore
svendendoli in finzione
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